I cambiamenti climatici nelle elezioni politiche 2018
Ora che è trascorso un po’ di tempo dalle elezioni, e quindi è minore il pericolo che affrontare questo tema possa essere visto come viziato da intendi propagandistici, può essere utile cercare di capire quanto il tema dei cambiamenti climatici è stato presente nelle elezioni del 2018.
La questione è ampia e complessa, quindi questo post vuole solo fornire alcune informazioni di base e spunti di riflessione, senza pretesa di fornire un’analisi esaustiva.
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Come primo punto, si può dire che in queste elezioni il tema è stato più presente che nelle passate elezioni. Poco se ne è parlato nei dibatti elettorali, ma è stato presente in quasi tutti i programmi dei partiti politici. Se si leggono i programmi (Centrosinistra, Centrodestra, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, o di altre liste raccolti da La Scienza al voto di cui si dirà più avanti) si trovano impegni, toni e sfumature molto diversi, come previsto. Ed è ovvio anche che un impegno su un programma elettorale non implichi necessariamente di per sé l’attuazione dell’impegno stesso, sia perché il programma potrebbe essere una declamazione strumentale non sorretta da un reale interesse, sia perché le debolezze complessive della proposta politica potrebbero minare l’effettiva realizzabilità del programma stesso (e.g. ma mancanza di una chiara spiegazione di come trovare le necessarie coperture finanziarie). Ma questa non è una novità; il punto importante è che chi da anni è abituato a dare un’occhiata alla presenza di questi temi nei programmi quest’anno ha trovato di più. (altro…)I limiti fisici alla crescita economica
E’ recentemente stato pubblicato il libro Physical limits to economic growth, apparso nella collana Routledge Studies in Ecological Economics. L’opera ha tratto occasione dal convegno Science and the Future che si svolse, presso il Politecnico di Torino, nell’ottobre 2013. Il tema è pienamente espresso dal titolo e l’intento è quello, insieme, di presentare lo stato dell’arte su una serie di problematiche rilevanti e di offrire approfondimenti originali su vari aspetti della sostenibilità o insostenibilità del sistema socio-economico globale contemporaneo.
Un impegno, assunto e perseguito nel convegno del 2013 e continuato in questo testo, era ed è quello di intavolare un dibattito scientifico tra ambiti culturali differenti: scienze della natura da un lato e scienze economico-sociali dall’altro. Come è ovvio e ben noto i linguaggi sono diversi ma la pesante oggettività dei fatti impone o imporrebbe uno sforzo congiunto per analizzare con disincanto e senza barriere artificialmente costruite la fenomenologia evolutiva delle società umane nel contesto ambientale del nostro pianeta, e, possibilmente, suggerire modalità razionali e praticabili per gestire trasformazioni la cui rapidità sta ripercuotendosi negativamente e pesantemente, e ancor più rischia di farlo nel futuro, sull’umanità nel suo insieme. (altro…) Arriverà del freddo (d’inverno succede), mentre il riscaldamento globale continua
L’ondata di freddo prevista per la prossima settimana è ormai notizia diffusa su tutti i media; aldilà dei dettagli, ancora suscettibili di cambiamenti, si tratta di un caso meteorologico interessante perché mostra un orizzonte di prevedibilità molto esteso, cosa relativamente rara e più che altro osservabile nelle grandi onde di calore estivo.
Contrariamente a quanto scrivono in queste ore le due principali testate giornalistiche italiane (vedi qui e qui) nei prossimi giorni tuttavia non arriverà il “Burian” in Italia (da non confondersi comunque con “buriana”, con un significato diverso e spesso metaforico). Primo perché si scrive Buran, secondo perché il Buran è un vento delle steppe siberiane, interessa solo l’Asia e in Europa non soffia: in Italia il vento da nordest si chiama grecale, come da rosa dei venti, oppure bora, nel caso in cui entri sull'Adriatico dalle cosiddette "porte della bora" (le "strettoie" di uscita dell'altopiano a nordest dell'Adriatico). (altro…) FLICC! Cinque caratteristiche di tutti i negazionismi
Filosofia dei cambiamenti climatici
Cambiamenti climatici. Che ci azzecca la filosofia? In quanto orizzonte globale dell’umanità all’alba, invero ormai inoltrata, del XXI secolo, il global warming e le possibili o probabili catastrofi che esso prospetta non possono non essere oggetto della riflessione filosofica. A tale riguardo è però necessario fare un chiarimento preliminare, per così dire ex negativo: non può essere ufficio di una Filosofia dei cambiamenti climatici verificare e ancora meno stabilire quanto corrette siano le modellizzazioni e simulazioni elaborate dai climatologi. Di rilievo filosofico è per contro che i grandi sconvolgimenti della biosfera cui oggi assistiamo debbono considerarsi come disastri tecno-naturali, ossia come il risultato di complesse azioni e retroazioni fra l’umano e il non umano. A prescindere dalla veridicità o attendibilità delle previsioni fatte in sede climatologica, i guasti all’ambiente hanno oggi raggiunto dimensioni planetarie tali da mettere comunque in pericolo l’esistenza della civiltà così come oggi la conosciamo.
Nel mio saggio Catastrofi e cambiamenti climatici. Sette riflessioni su pensiero e rappresentazioni del disastro tecno-naturale, pubblicato da Mimesis l’anno scorso, affronto temi fra loro diversi: dalla possibilità di narrare la catastrofe alla forza o debolezza persuasiva dei dati e modelli scientifici che la descrivono; dalla critica degli usi del mondo ai futuri immaginati e immaginabili; dallo spirito della complessità alla retorica della responsabilità nei confronti delle generazioni future. Il tratto comune delle riflessioni proposte è la consapevolezza che i disastri già avvenuti, in corso e annunciati scuotono fino alle fondamenta l’edificio del pensiero che la cultura non solo filosofica è andata costruendo nei secoli.
L’articolo qui di seguito presentato illustra alcuni sviluppi della riflessione avviata nel libro, come pure alcune piste per future indagini. Trattasi di un testo piuttosto lungo, invero poco confacente al format “blog”– ma il pensiero filosofico ha le sue esigenze, fra cui quella di potersi distendere. (altro…)
Se il negazionista neppure s’impegna più
Il freddo dell’inverno nell’emisfero nord del nostro pianeta ha portato, oltre alla neve, il ghiaccio, i raffreddori e le influenze, il solito tweet di Donald Trump, malauguratamente diventato Presidente degli Stati Uniti: “La costa est degli Stati Uniti è investita da un'ondata di gelo e per la vigilia di Capodanno sono attese temperature polari. Potremmo usare un po' di quel buon vecchio riscaldamento globale per proteggerci dal quale il nostro Paese, e non altri, sta pagando migliaia di miliardi di dollari. Copritevi bene!”
Quest’ennesima idiozia del magnate newyorkese è stata accolta da numerosi articoli, sul web e sui giornali, che hanno spiegato per l’ennesima volta l’errore basilare di Trump, la confusione fra il meteo di una zona molto piccola del pianeta e il clima globale. Interessanti anche i numerosi tweet che hanno scherzato sul tema, ad esempio “Trump twitta come un bambino che odia l'ora di scienze”, “perché c’è la fame nel mondo se io sto mangiando un BigMac?”, “perché fa freddo se il sole è caldo?”, “questa è la cosa più stupida che hai twittato nel 2017, e questo non è poco…”.
Su Il Giornale del 30 dicembre è invece andato in onda il solito distacco dalla realtà, il solito trash intellettuale e morale, ma in modo un po’ diverso dal solito. (altro…)
2017: il riscaldamento prosegue senza sosta
La rituale disamina della stima delle temperature medie globali dell'anno appena terminato mediante l'analisi dei dati grezzi e grigliati NCEP/NCAR mostra come il 2017 non abbia battuto il record stabilito un anno fa dal 2016, ma ci sia andato comunque molto vicino. Infatti, nella classifica degli anni più caldi, il 2017 si colloca al secondo posto, sopra il 2015, e il valore di anomalia , +0,51 °C rispetto al periodo 1981-2010, supera ancora +1°C rispetto all'inizio del secolo. Le considerazioni finali purtroppo confermano quanto già affermato negli anni precedenti.
Da tre anni questo articolo, che ormai tradizionalmente prepariamo commentando l'anno appena trascorso sulla base delle temperature del database NCEP/NCAR, iniziava sottolineando come l’anno appena passato fosse risultato “il più caldo dall'inizio delle misure”, battendo il record di temperatura media globale dell'anno precedente (vedi qui, qui e qui). E, diciamolo, cominciava ormai a diventare un fatto noioso e scontato.
Salutiamo, quindi, come una novità il fatto che il 2017 non abbia battuto per la quarta volta consecutiva il record dell’anomalia di temperatura media globale! Ma non c’è da esultare troppo, tuttavia. Perché, nella speciale classifica degli anni più caldi (tabella 1), il 2017 si piazza al... secondo posto! E considerando che la prima metà dell’anno ha visto un indice ENSO sostanzialmente neutrale o debolmente positivo (fase El Niño), e la seconda metà dell’anno un valore nettamente negativo (fase La Niña), come evidenziato dettagliatamente in questa disamina (ma si vedano anche i nostri articoli al riguardo, qui e qui), questa volta non si può dare la colpa a questa teleconnessione tra oceano e atmosfera. (altro…)
Con quale precisione i modelli climatici hanno previsto il riscaldamento globale?
Proponiamo la traduzione dell’articolo “Analysis: How well have climate models projected global warming?” scritto da Zeke Hausfather per Carbon Brief, che ringraziamo.
Negli ultimi quarant’anni gli scienziati hanno realizzato proiezioni del riscaldamento globale futuro usando modelli climatici di crescente complessità, basati sulla fisica dell’atmosfera e sulla biogeochimica. Sono strumenti fondamentali per capire i processi in atto nel sistema climatico terrestre e come potrà verosimilmente cambiare in futuro.
Carbon Brief ha passato in rassegna i modelli climatici che sono stati sviluppati a partire dal 1973 per confrontare le loro proiezioni della temperatura futura con le simulazioni della temperatura del passato fatte dai modelli più recenti e con i dati di temperatura globale effettivamente misurata sulla terra, come mostrato nell’animazione sottostante.
Benché alcuni modelli avessero sottostimato e altri sovrastimato il riscaldamento effettivamente avvenuto, tutti quelli presi in esame hanno riprodotto con buona approssimazione un incremento della temperatura superficiale tra il 1970 e il 2016, soprattutto se si tiene conto delle differenze nelle emissioni ipotizzate nei diversi modelli.
(altro…)Trump, l’ENI, il budget di carbonio e l’Accordo di Parigi
Nei giorni scorsi si è saputo che Donald Trump ha autorizzato nuove trivellazioni nell’Artico per la ricerca di nuovi pozzi petroliferi. La prima compagnia che è stata autorizzata è l’Italiana ENI (vedi qui, qui e qui).
L’Artico è una delle zone più delicate del pianeta, operazioni petrolifere in queste zone sono molto rischiose sia per i gravi danni che un incidente a un pozzo potrebbe causare in acque così fredde, sia perché le emissioni di sostanze inquinanti come il black carbon (emesso in rilevanti quantità dai motori diesel di navi e fiaccole) in quelle zone sono molto efficaci nel ridurre l’albedo del ghiaccio, già in drammatica riduzione.
Ma se si considera il contesto globale delle politiche sul clima, questa operazione ha poco senso anche da altri punti di vista. (altro…) I risultati della COP23
La COP23 che si è svolta a Bonn ha prodotto un risultato utile e bilanciato, dimostrando come la spinta della COP21 di Parigi non si sia esaurita.
Alle 6.50 di sabato 18 novembre, dopo una nottata di negoziato ininterrotto, si è conclusa la COP23 di Bonn. Frank Bainimarama, presidente della COP e primo ministro delle Fiji, aveva battuto poco prima il martello che segnava l’adozione del “Fiji Momentum for Implementation”, traducibile come “La spinta di Fiji per l’implementazione” (dell’Accordo di Parigi e di tutta la costellazione di strumenti precedenti o collegati). (altro…)
Quando la scienza si piega alla politica: il negazionismo climatico nel rapporto del Dipartimento dell’Energia USA
Tira un gran brutto vento
Diluvio, un grande romanzo sulla crisi climatica
La storia del clima in Italia
Il momento delle scelte: un obiettivo di riduzione del -90 al 2040 per l’Unione europea
Il clima come bene comune
L’Italia si sta allontanando dai suoi obiettivi sul clima
Come comunicare la crisi climatica ai disimpegnati
100% di elettricità rinnovabile è possibile

